La psicoterapia cognitiva del disturbo ossessivo-compulsivo
Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è caratterizzato da ossessioni o compulsioni ricorrenti che costringono il soggetto che ne soffre a dedicare molto tempo a rituali (mentali o azioni), causando disagio marcato o menomazione significativa.
Secondo il DSM IV (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) per ossessioni si intendono idee, pensieri, impulsi o immagini persistenti che sono vissute come intrusive e inappropriate e causano ansia o disagio. Le compulsioni, invece, sono comportamenti ripetitivi (lavarsi le mani, riordinare, controllare) o azioni mentali (contare, pregare, ripetere mentalmente delle parole) il cui obbiettivo è quello di prevenire o ridurre l’ansia o il disagio e non di fornire piacere o gratificazione.
L’individuo che tenti di resistere a una compulsione può avere la sensazione di aumento dell’ansia o della tensione, che possono essere alleviate cedendo alla compulsione.
Il disturbo ossessivo-compulsivo può iniziare già nell’infanzia ed è più precoce nei maschi che nelle femmine. Circa un 15% dei soggetti affetti mostra un deterioramento progressivo del funzionamento lavorativo e sociale. Il decorso, per la maggior parte degli individui, è cronico, con alti e bassi ed esacerbazione dei sintomi che può essere in relazione con lo stress.
Come affrontare il disturbo: la terapia cognitiva del disturbo ossessivo-compulsivo
Il protocollo di Francesco Mancini
Nel protocollo cognitivista di Mancini sono previste alcune fasi. Quella preliminare prevede un colloquio diagnostico, la definizione del profilo esterno del disturbo, attraverso un focus sulle esperienze che possono aver determinato il disturbo e i tempi, le ragioni, le modalità di scompenso. Si definisce la fase esistenziale in cui si trova la persona e i modi in cui le persone interagiscono con lui rispetto al disturbo.
Prima fase
Si definisce il profilo interno del disturbo attraverso la ricostruzione dello schema del pensiero ossessivo
- Evento (per esempio, il soggetto teme di aver commesso un errore, di cui non è assolutamente consapevole, tale da offendere un suo carissimo amico e perderne la fiducia e l’amicizia)
- Valutazione (per sbadataggine potrei averlo offeso, devo verificare)
- Primi tentativi di soluzione [rivolti a contenere l’ansia (ripasso mentale continuo e pervasivo di tutti i gesti compiuti e le frasi dette al fine di rintracciare in memoria qualche “errore” commesso durante il tempo trascorso insieme)]
- Seconda valutazione (pensieri del tipo “queste preoccupazioni sono esagerate, sto rovinando la mia vita. Sono responsabile dei danni provocati a me e agli altri)
- Nuovi tentativi di soluzione (per contrasto: tentativi di soppressione del pensiero. Più di prima: ruminazioni per auto convincersi dell’inesistenza del pericolo; ricerca di rassicurazioni)
In seguito si condivide lo schema con il cliente
- Si definisce un evento critico recente ed esemplificativo
- Si indaga sui significati che egli ha attribuito all’evento
- Si cerca di definire le implicazioni catastrofiche che l’evento potrebbe avere per il cliente (soprattutto colpe e loro conseguenze)
- Si definisce ciò che la persona mette in atto per risolvere il problema posto dall’evento (si indagano le conseguenze paradossalmente controproducenti dei tentativi di soluzione attuati).
- Si chiariscono i costi del disturbo (quanta fatica la persona deve fare per tenere attiva la propria modalità di controllo)
- Si mette in luce quello che la persona con DOC fa per contenere il disturbo e si discriminano i tentativi utili da quelli controproducenti, mostrando come questi ultimi siano tali (esperimenti comportamentali per dimostrare che i tentativi di soppressione dei pensieri implicano un aumento della loro frequenza e persistenza).
Vantaggi della procedura: Grazie alla condivisione il cliente recupera il senso del suo disturbo: gli appariva una follia diminuire il senso di colpa; in effetti l’attività della persona con DOC è indirizzata da scopi morali. In termini relazionali l’empatia del cliente aumenta in quanto si sente rappresentato correttamente nella mente del terapeuta; l’alleanza viene rafforzata grazie alla condivisione dello schema.
Seconda fase
Questa fase si fonda sulla considerazione che il più delle volte l’attività ossessiva è egodistonica e conflittuale
Vi sono due valutazioni: pro e contro l’attività ossessiva (è necessario risolvere il conflitto operando un scelta)
- Si aiuta il soggetto a chiarire, ricordare e rendere disponibili le motivazioni per affrontare l’esposizione con prevenzione della risposta (tecnica di estinzione della risposta compulsiva al tema ossessivo)
- Si fa capire al cliente che si deve accettare il rischio di non essere all’altezza delle proprie responsabilità (il rischio di essere accusati è ineludibile).
- Si accompagna la persona a considerare che è impossibile conseguire gli scopi che egli si propone attraverso la valutazione primaria e quella secondaria (bisogna accettare il costo della rinuncia)
- Il cliente viene invitato a scrivere i vantaggi e gli svantaggi dell’attività ossessiva, in due colonne affiancate, portandolo a riflettere circa la ridondanza inevitabile degli svantaggi.
- Si individuano insieme i momenti in cui la compulsione ad agire il rituale è meno intensa
- Gli si suggerisce di notare, in giornate stabilite, i momenti di pausa. di riesaminare vantaggi e svantaggi, di riferirsi alla discussione condotta in studio e a quel punto decidere se e quando mettere in atto l’attività ossessiva in base a quello che in quel momento gli appare più opportuno.
- L’obiettivo è che il cliente impari a scegliere, tenendo conto dei costi, la soluzione più utile per lui.
- Se il cliente considera l’attività ossessiva estranea alla sua intenzionalità gli si può far notare come in casi estremi egli è capace di controllarla o annullarla.
Terza fase: il timore di colpa
- Si definisce insieme il tema della responsabilità, mettendo in evidenza come la responsabilità del cliente sia diluita da altri elementi causali
- Attraverso il metodo della torta (divisione statistica “a spicchi” delle responsabilità di tutti circa il problema che angoscia il paziente) si fa notare al cliente come un eventuale danno relazionale sia sempre il frutto di una interazione e come l’eventuale colpa vada divisa tra più agenti.
- Si fa un elenco di tutti i fattori responsabili della catastrofe
- Si evidenzia quanto ogni fattore contribuisca all’esito temuto
- A questo punto può essere proposta la tecnica del doppio standard modificato
- La tecnica del doppio standard modificato serve a mettere in discussione l’assunto del cliente per cui se si sente in colpa, allora ha commesso qualcosa di deplorevole e inoltre è molto utile per aiutare la persona che chiede aiuto a considerarsi in maniera più benevola.
- Il primo passo consiste nel descrivere l’evento di cui si sente in colpa; a questo punto si valuta il livello di responsabilità del soggetto.
- Si chiede al cliente di immaginare un amico carissimo nella stessa situazione e gli si chiede di valutarne il livello di colpevolezza.
- Poi si chiede alla persona di pensare a tre persone cui tiene molto: che giudizio darebbero dell’amico? Con che argomentazioni?
- In seguito si chiede al cliente di formulare il giudizio che presumibilmente le persone avrebbero dato di lui.
- A questo punto si valuta ancora il livello di gravità della colpa del soggetto, per vedere se questa è stata ridimensionata.
Quarta fase: esposizione con prevenzione della risposta
In questa fase si lavora per motivare il cliente ad affrontare la tecnica dell’esposizione con prevenzione della risposta; è possibile utilizzare lo schema ricorsivo del pensiero ossessivo e delle compulsioni ad esso legato, schema realizzato nella prima fase del protocollo; attraverso l’analisi dello schema è possibile evidenziare di nuovo come i tentativi di soluzione utilizzati dal cliente siano fallimentari.
- Il terapeuta scrive su un foglio la situazione temuta dal cliente
- Il cliente legge e si aspetta che insorgano timore e neutralizzazioni (compulsioni)
- Il cliente viene invitato a dare un punteggio all’ansia, all’impulso e alla credenza
- Il cliente viene invitato a non dar luogo all’impulso di neutralizzazione e si aspetta che l’ansia diminuisca
- Quando il cliente si sente tranquillo si chiede di attribuire nuovamente i punteggi all’ansia
- Si sperimenta come il non dar corso ai rituali è seguito da un miglioramento
- Si evidenzia come meno ansia corrisponde a minore sensazione che l’evento temuto si verifichi.
Quinta fase: ridurre la vulnerabilità al DOC
In questa fase si cerca di ricostruire episodi passati in cui il cliente si è sentito colpevole
Li si affronta con la tecnica della torta o del doppio standard modificato
- Il terapeuta fa notare al cliente come egli consideri i contro-esempi come eccezioni
- Si evidenzia come gli episodi prototipici di solito riguardino accuse o responsabilizzazioni
- Il terapeuta aiuta il cliente a rivivere l’episodio, inserendo dei cambiamenti che conducono a un finale diverso, sereno e positivo
- Immaginare i fatti in maniera diversa attenua il sentirsi persone disprezzabili e l’idea di un destino che conduca a esperienze di disprezzo insuperabili
Sesta fase: prevenzione della ricaduta
- Il terapeuta aiuta il cliente ad anticipare la ricaduta individuando le circostanze che facilitano lo scompenso (auto-eterocolpevolizzazioni- aumenti della responsabilità)
- Si Identificano i segni premonitori della ricaduta
- Si sdrammatizza l’eventuale ricaduta sottolineando il ruolo che possono avere gli automatismi ricorsivi
- Si lavora sul senso di autoefficacia con il rintracciare ciò che il paziente ritiene sia stato efficace nella terapia e allenandolo nell’utilizzo di strategie positivamente sperimentate.
Dr. Paolo Iervese
Psicologo Psicoterapeuta Busto Arsizio
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