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L’organizzazione di significato personale di tipo ossessivo (OSS), secondo il modello cognitivista di Vittorio Guidano
La persona con organizzazione di significato personale di tipo ossessivo si caratterizza per avere una percezione del senso di sé ambivalente e dicotomica. Questo senso di sé di struttura su polarità oscillanti secondo una modalità “tutto o nulla”.
La modalità permette al soggetto OSS di trovare un equilibrio caratterizzato da uno spostamento radicale su uno dei due versanti, ma nello stesso tempo lo porta a esperire ogni squilibrio nel proprio bisogno di certezza assoluta come una perdita totale di controllo. La perdita di controllo favorisce l’affiorare di comportamenti, immagini o pensieri stressanti che persistono al di là delle stesse intenzioni del soggetto, che è portato a sperimentarli come prodotti estranei al sé.
I modelli di attaccamento dell’OSS sono di tipo ambivalente, in quanto il comportamento parentale di almeno uno dei due genitori è caratterizzato da sentimenti ambivalenti e antitetici nei confronti del bambino. L’ambivalenza è data da atteggiamenti ostili e rifiutanti nascosti e camuffati da una facciata esterna di estrema dedizione e interessamento; il calore umano espresso in queste famiglie è fortemente ridotto. Il genitore pur essendo molto attento all’educazione morale e sociale del bambino si mostra poco espansivo, quando non del tutto incapace di tenerezza e affetto.
Gli ambienti familiari in cui si sviluppano significati personali di tipo ossessivo sono caratterizzati da modalità di comunicazione verbale di tipo logico-analitico, in cui i genitori, ipoattivi sul piano motorio ed espressivo, sono iperattivi su quello verbale; non partecipano quindi volentieri ai giochi dei figli, a meno che questi non abbiano finalità didattiche e non siano intellettualmente impegnati. L’ambiente risulta essere assurdamente esigente nei confronti del bambino e gli si richiede di corrispondere alle aspettative affettive dei genitori attraverso un comportamento serio, riflessivo e distaccato.
L’enfasi è posta sui valori morali e i principi etici, che i genitori usano per ottenere un controllo pressoché totale sulle emozioni e sulla condotta del bambino.
Le emozioni che appaiono incompatibili con tali valori (rabbia, sessualità ecc.) vengono di fatto proibite, non devono essere neppure provate. Ma dato che è impossibile non provare certe emozioni, per il bambino la sensazione negativa di percepire emozioni viene vissuta come perdita di controllo. Il bambino sente che tutto deve essere guadagnato con sforzo, lo stesso amore deve essere meritato.
L’identità ossessiva si sviluppa su questa difficoltà di conciliare l’idea di amabilità che il soggetto sperimenta a causa dell’immagine del genitore apparentemente disponibile e il contemporaneo senso di un sé non amabile, dovuto al fatto che lo stesso genitore compare contemporaneamente come controllante, esigente e rifiutante. Il dubbio diviene la dimensione di fondo dell’ossessivo, in cui il gioco “m’ama, non m’ama” sembra non trovare mai risoluzione, continuando a occupare la mente del soggetto che sperimenta l’impossibilità di arrivare a una percezione di sé unitaria e integrata. Il bambino ossessivo deve quindi di volta in volta basarsi solo su una delle polarità reciprocamente antitetiche, per cui o è interamente amabile e accettabile o non lo è affatto.
La capacità di controllare la dicotomia insorge con il pensiero concreto, quando la percezione di sé positiva è ottenuta concentrandosi sulla positività derivata dal sentirsi in grado di soddisfare le esigenze degli altri. Tuttavia per mantenere un equilibrio interiore la persona con organizzazione ossessiva dovrà escludere e controllare il continuo affiorare di sensazioni contraddittorie e inconciliabili derivanti dalla percezione dei contorni ambivalenti del Sé. Inoltre il suo privilegiare il pensiero e le capacità linguistiche a scapito delle emozioni fa sì che il bambino ossessivo diventi selettivamente disattento alla continua modulazione emotiva che accompagna il succedersi degli stati interni.
Rispetto alle emozioni i processi verbali appaiono più facilmente controllabili, dato che la loro struttura digitale-sequenziale consente di distribuire le informazioni entro categorie di giudizio opposte (vero-falso, ecc.), cosa che permette di effettuare scelte più sicure e precise.
Il bisogno di certezze si esprime nell’aderire incondizionatamente a un ordine stabilito e che esprime l’incessante lotta del bambino per raggiungere un senso di sé unitario e attendibile. Nel caso in cui, nonostante la radicale scelta manichea di un campo a scapito dell’altro, affiorino comunque emozioni percepite come discrepanti e disturbanti per il solo fatto di essere esperite, la persona con significati personali di tipo ossessivo metterà in atto una serie di attività diversive volte a deviare l’attenzione dalle emozioni disturbanti. Questi repertori diversivi prendono la forma di pensieri (ruminazioni, dubbi, ecc.) che appaiono legati con azioni stereotipe (rituali). Cercando quindi di escludere la vita emotiva e di controllare il più possibile le relazioni significative che creano in lui le discrepanze emotive che egli cerca di non percepire, l’ossessivo si caratterizza verso la fine della fanciullezza come un ragazzo che appare spesso molto serio, inquadrato, razionale, ma in cui traspare evidentemente la mancanza di spontaneità e naturalezza.
Dr. Paolo Iervese
Psicologo Psicoterapeuta Busto Arsizio
Dr. Paolo Iervese Psicologo Psicoterapeuta
Busto Arsizio
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Iscritto all’Ordine degli Psicologi della Lombardia n. 03/14493, dal 14/04/2011
Laurea In Neuroscienze Cognitive, Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva
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